Il paradosso spagnolo: perché a Meloni conviene la vittoria di Sanchez

In Spagna si vota nella giornata di domenica 23 luglio e nelle scorse settimane il presidente del Consiglio Giorgia Meloni è intervenuta da remoto al congresso di Vox, la formazione nazional-conservatrice spagnola alleata di Fratelli d’Italia, augurando un successo della destra alle urne. Vox, il partito di Santiago Abascal, potrebbe diventare il partner di governo dei Popolari di Alberto Nunez Feijoo, governatore della Galizia, che mira a spodestare come presidente del governo spagnolo Pedro Sanchez, in sella da cinque anni.

Sanchez e il suo Partito Socialista Operaio Spagnolo governano assieme a Sumar, la coalizione di sinistra radicale raccolta attorno a socialisti e Podemos, e mirano a durare. In un contesto bloccato, l’invito di Meloni a sostenere Vox è comprensibile sul fronte politico-ideologico a un anno dalle Europee. Ma pragmaticamente, analizzando la situazione politica spagnola ed europea, non possiamo negare che a Meloni, per il suo progetto politico, converrebbe la vittoria di Sanchez. Per almeno tre motivi diversi.

Il primo è di stretto ordine politico e ha a che fare con il rapporto di forza tra i Conservatori e Riformisti Europei della Meloni e il Partito Popolare che sperano nell’asse politico a Strasburgo nel 2024. In seno al Consiglio Europeo, massima autorità politica dell’Ue che rappresenta i capi di Stato e di governo, ad oggi il gruppo Ecr ha tre leader: Meloni, il polacco Morawiecki, il ceco Fiala. Assieme, rappresentano il 24,49% dei voti. Gli otto leader popolari, in virtù del voto ponderato, assommano solo il 14,67%. La Spagna pesa il 10,49%: conquistando Madrid, Feijoo porterebbe i Popolari europei al sorpasso su Ecr anche nel Consiglio dopo il prevedibile mantenimento del vantaggio all’Europarlamento. Sbilanciando i rapporti di forza. Meglio, per Meloni, che una presenza forte di leader di sinistra faccia sentire ai Popolari la necessità dell’asse.

Il secondo motivo è di matrice istituzionale e ha a che fare con i processi di decision-making europei: la presidenza spagnola dell’Ue è iniziata l’1 luglio. Meloni e Sanchez condividono una visione comune di superamento dell’austerità e di obiettivi convergenti verso un nuovo Patto di Stabilità realista e non radicale. La presidenza spagnola può spingere i tempi del dibattito per favorire una convergenza, e all’Italia di Meloni fa più gioco il Psoe del Partito Popolare, ai tempi di Mariano Rajoy presentatosi come forza pro-rigore e eccessivamente vincolato alla visione germanocentrica dell’Europa.

Il terzo tema ha a che fare con il fatto che una presenza al governo spagnolo di Vox potrebbe ridurre le prospettive di ulteriori opportunità comuni italo-spagnole di sviluppo di agende mediterranee fondate su energia e gestione dell’immigrazione. Il modello del rapporto italiano con Polonia e Ungheria, che proprio in virtù della comunanza ideologica hanno rifiutato ogni solidarietà sui migranti a Meloni, deve essere da monito. E per Meloni e i suoi conviene il proseguimento di un’agenda comune per l’energia nel Mediterraneo con Madrid e una convergenza con la Spagna sul tema dei ricollocamenti dei migranti, cui sicuramente Vox sarebbero contrari.

L’idea di una continuità è sicuramente da vedere a Roma come un’ipotesi che, per quanto non destinata a suscitare strilli di giornale o grida alla vittoria da parte della destra, potrebbe paradossalmente fare i giochi del governo Meloni. Paradossalmente, la vittoria della destra conviene più alle opposizioni, Partito Democratico in testa, che potranno giocare alle Europee, nel caso, la carta dell’onda conservatrice da fermare. La politica è interessante anche per questi motivi: non spesso l’ideologia va di pari passo con l’interesse di corrispettivi alleati o partner stranieri. E il voto in Spagna lo testimonia