Quella grande lezione di Andreotti sulla democrazia che dovremmo riscoprire

“In teoria siamo tutti contro le dittature; ma sapete qual è la dittatura, la più difficile a essere sconfessata da ognuno di noi? È la propria! Perché uno può essere tentato di ritenersi illuminato, di ritenere che gli altri sbaglino. Ora, la vita democratica è proprio il contrario e quando qualcuno che non capisce niente dice ‘Ma come, il suffragio universale mette il grande scienziato alla pari dell’uomo che non ha neppur fatto la scuola dell’obbligo”, costui non capisce, non sa che la sapienza non viene solo dalla scuola o dai titoli accademici. Vi è una sapienza del cuore che spesso è più viva in coloro che sono classificati tra la gente semplice e che non hanno quasi mai la tentazione di montare in superbia”

Queste sono parole di Giulio Andreotti, pronunciate al Meeting di Rimini il 24 agosto 1989. A oltre dieci anni di distanza dalla sua morte, una lezione sulla democrazia e la sua sostanzialità: la democrazia che è da pensare come esaltazione della centralità dell’uomo, dei suoi diritti e del rapporto con lo Stato basato sul rispetto reciproco, a prescindere dal posto nella società, a scapito del mero processo decisionistico. Un’immagine di Andreotti, quella che appare, lontana anni luce da quella spesso caricaturale del gretto cacciatore di un potere afrodisiaco e fine a sé stesso che gli è stata cucita. Una riflessione profonda, quella che stimolano questi temi, è quella dell’effettività della democrazia e del ruolo dei corpi intermedi e dei partiti nel farsene agenti.

La DC seppe unire in un unico progetto nazionale i popolari classici alla De Gasperi, i liberali anticomunisti alla Scelba, la sinistra keynesiana di La Pira. Seppe guidare i governi di solidarietà nazionale con il Partito Comunista piazzandovi a capo un “amerikano” di ferro come lo stesso Andreotti. Mantenne una continuità strutturata connettendosi alle evoluzioni della società e della politica italiana, radicandosi nei territori, costruendo una continuità nelle roccaforti del potere senza venire mai meno a chiari principi guida. Non serviva continuare a ribadirsi centristi, nella DC, per essere centrali. Oggi da che parte va la politica? Cosa fare per sostanziare la democrazia stretta tra elitismi e populismi ma, soprattutto, minacciata da disaffezione e disinteresse per il timore di chi la ritiene non più efficace? Parliamo del grande dilemma dei nostri tempi. Trovarvi risposta non sarà facile.