Quando gli immigrati vogliono pregare

La recensione del libro edito da "Il Mulino" e scritto da Maurizio Ambrosini, Samuele Davide Molli e Paolo Naso

Si è spesso parlato di immigrazione e integrazione in riferimento al mercato lavorativo e ai mutamenti provocati, sotto il profilo prettamente sociale, in seno alle nostre città. Raramente però si è parlato degli importanti cambiamenti che il flusso migratorio ha comportato per l’Italia a livello religioso.

La mappa religiosa nel nostro Paese, da quando il fenomeno è esploso nella sua interezza a partire dagli anni ’90 del secolo scorso, è cambiata. Nelle nostre grandi città, così come nelle nostre province, ci sono molti più luoghi di culto. A volte improvvisati all’interno di magazzini o capannoni industriali riconvertiti, a volte invece dentro edifici costruiti appositamente. Tutto questo non può che incidere sul tessuto sociale italiano.

Maurizio Ambrosini, professore di sociologia delle migrazioni all’Università di Milano, Samuele Davide Molli, ricercatore all’Università di Milano, e Paolo Naso, professore alla Sapienza di Roma, si sono posti il problema di come l’immigrazione stia incidendo sul mosaico religioso del nostro Paese. Il titolo del loro nuovo libro, “Quando gli immigrati vogliono pregare” edito da Il Mulino, appare in tal senso abbastanza esplicativo.

I tre autori, coadiuvati da Vera Pozzi, Giulia Mezzetti ed Emanuele Campagna, per la prima volta in Italia hanno realizzato una mappatura della presenza di “nuove religioni” nella penisola. Un viaggio in cui si scoprono diverse novità non solo rispetto al passato ma anche rispetto alla modernità. C’è infatti sì un’Italia diversa dall’immagine di Paese esclusivamente cattolico, ma c’è anche un’Italia distaccata dall’immagine di Paese secolarizzato. Si scopre, al contrario, una penisola dove sta crescendo il numero dei luoghi di culto, il numero delle associazioni e degli istituti religiosi, veri riferimenti per interi strati di popolazione nei quartieri dove più alta è la percentuale di immigrati.

La ricerca condotta dagli autori ha fotografato la situazione nella regione più popolosa, la Lombardia. Qui è ben possibile notare il ruolo della religione nella vita non solo dei migranti, ma anche delle comunità. La regione, al pari del resto d’Italia, rimane in ampia maggioranza cattolica, ma le minoranze raccolgono al loro interno migliaia di persone, se non milioni come nei casi degli ortodossi rumeni o della popolazione musulmana.

Leggere il libro è come scorrere in un intenso viaggio tra i meandri ancora più inesplorati della nostra società. Meandri dove la religione non è solo un fatto privato del singolo migrante, ma diventa anche un collante in cui convergono vite di intere comunità, tra pluralismo, assistenza e aggregazione.

In poche parole, per agganciarci al titolo del testo, quando gli immigrati vogliono pregare non trovano solo semplici luoghi di culto, ma muovono meccanismi importanti interni alla società dell’Italia di oggi.