Pochi scossoni e pochi giganti: le elezioni confermano le aspettative

Rispetto ai sondaggi non ci sono grandi novità. La vittoria del centro-destra era ampiamente prevista e, considerando le dinamiche dell’attuale legge elettorale in cui almeno un terzo dei seggi è assegnato con il maggioritario, pochi erano i dubbi sul raggiungimento della maggioranza parlamentare.

Ciò non toglie comunque ai risultati odierni alcuni aspetti importanti da sottolineare. A partire proprio dall’individuazione di una maggioranza. Le elezioni del 2013 e del 2018, un po’ per le varie leggi elettorali alternatesi e un po’ per una corsa alla frammentazione del quadro politico italiano post governo Monti, avevano dato vita a risultati poco chiari e non in grado di dare ai vincitori la possibilità di formare un governo. Nel 2013 ne ha fatto le spese Pierluigi Bersani, a capo di un Pd primo partito ma costretto a chiamare Angelino Alfano e una lunga sfilza di “moderati” per mantenere a galla la legislatura. Nel 2018 invece l’exploit del Movimento Cinque Stelle, capace di raggiungere il 33%, non è stato seguito da una certa stabilità parlamentare.

In poche parole, a prescindere dalle varie posizioni dei partiti, oggi si è capito chi ha vinto e si è capito chi ha perso. Ci sarà cioè adesso una maggioranza e ci sarà un’opposizione. Per chi ha vinto c’è lo spettro di un’azione governativa molto difficile e potenzialmente precaria per via della situazione economica e del grave quadro internazionale. Per chi ha perso, al contrario, c’è la possibilità di “rifiatare” e provare a ricostruirsi un’immagine tra i banchi dell’opposizione.

L’altro elemento importante riguarda la composizione della maggioranza vincitrice. Il centrodestra è stato di fatto monopolizzato da Fratelli d’Italia, mentre il vero sconfitto è un Matteo Salvini non più in grado di trascinare la Lega oltre il 10%. Un fatto sorprendente forse anche per i diretti interessati. Probabilmente in seno alla nuova maggioranza avevano messo in conto sì l’ascesa di Giorgia Meloni, ma non in queste proporzioni. L’idea alla vigilia era quella di una Lega trascinatrice al nord e Fratelli d’Italia invece traghettatrice al sud. Nel meridione però il Movimento Cinque Stelle ha tolto non poco spazio al centrodestra, vincendo anche in alcuni uninominali pesanti come a Napoli e Palermo, mentre nelle regioni settentrionali Fratelli d’Italia ha preso il posto della Lega.

Per il resto, c’è poco o nulla da segnalare. In una campagna elettorale dove non sono emersi giganti, ad avanzare è stato chi ha saputo capitalizzare i propri vantaggi. Giorgia Meloni ha sfruttato l’essere rimasta all’opposizione per cinque anni e Giuseppe Conte, il quale ha guidato un Movimento Cinque Stelle dato nei sondaggi sotto il 10%, l’aver parlato di povertà nel meridione. Un elemento quest’ultimo capace di fare la differenza da Napoli in giù e di tenere a galla i grillini.

C’è poi la tenuta anche di Silvio Berlusconi e di Forza Italia, mentre per l’appunto Matteo Salvini deve adesso fare i conti con un risultato modesto, specie se paragonato al recente passato. A sinistra, probabilmente il Pd aprirà un’ennesima fase congressuale e si andrà verso un nuovo capovolgimento dei quadri della segreteria. Al centro, Renzi e Calenda non hanno sfondato e ora dovranno decidere cosa fare “da grandi” durante la legislatura.