Ischia, una nuova cicatrice sulla coscienza italiana

Il cambiamento climatico sarà pure un dato di fatto, ma tante volte è stato strumentalizzato per mettersi a pari con la coscienza. Ogni qualvolta in Italia accadono tragedie dopo intense fasi di maltempo (e purtroppo sta capitando sempre più spesso), subito si dà la colpa al clima impazzito. Quasi come a evocare una fatalità contro cui la politica nulla può fare, se non nel lungo termine.

Quanto accaduto a Ischia, ha tolto però ogni possibile alibi. C’è un problema legato al cambiamento climatico ma, prima di ogni cosa, c’è un problema di costante e continuo abuso del territorio. L’isola non ha subito lo straripamento di fiumi e canali, come ad esempio accaduto nelle Marche. Si è staccato invece un fronte di frana. Non c’entra, o almeno c’entra solo parzialmente, la quantità di pioggia caduta e l’intensità dell’ondata di maltempo. Più semplicemente (e drammaticamente) una parte del monte Epomeo, sovrastante alcuni dei centri abitati più importanti di Ischia, si è staccata. E, nella caduta, ha travolto aree dove non dovevano esserci costruzioni.

Certo, sarà la magistratura a verificare e ad accertare le responsabilità giudiziarie. Ci sono però prima ancora quelle non di singoli uomini, ma di intere classi politiche sia locali che nazionali. Come ha dichiarato al Corriere della Sera il presidente dei geologi italiani, Domenico Calcaterra, è ben risaputa la fragilità del territorio di Ischia. “I rilievi collinari – ha detto – sono classificati nella cartografia delle autorità di bacino, accorpate poi in quelle distrettuali, con il rischio più elevato, R3 o R4. Le condizioni di pericolosità e di rischio sono note anche agli organi dello Stato”.

Si sapeva quindi che prima o poi una frana del genere avrebbe colpito i territori sovrastanti l’abitato di Casamicciola. Del resto è la storia recente anche a dare ragguagli in tal senso. Appena 13 anni fa la stessa località è stata investita da un importante fronte franoso che ha causato la morte di una ragazza di 16 anni. Ci sono poi documentazioni relative a frane all’inizio del secondo scorso, ma andando a ritroso anche in ere molto lontane da noi.

Eppure si è continuato a costruire. Forse a Ischia è inevitabile convivere con fenomeni di questo genere, ma nel XXI secolo si hanno strumentazioni, mezzi e anche (almeno in linea di principio) delle sensibilità tali da scongiurare altri disastri. Purtroppo però a mancare, a Ischia come in tutto il resto d’Italia, è una sana cultura del rispetto del territorio. Il sindaco di Forio, Francesco Del Deo, intervistato su La7 se l’è presa anche con la mancata manutenzione. E in parte anche questo è vero. Non solo le costruzioni issate abusivamente oppure condonate oppure, ancora, autorizzate con colpevole leggerezza. C’è anche un problema di superficialità nella gestione delle aree più a rischio e delle opere già poste in essere dopo passate tragedie.

Una miscela esplosiva quindi in grado poi di portare alle immagini viste sabato sull’isola campana. La quale, ovviamente, non è l’unica zona in Italia a subire un simile destino. Il 70% del nostro territorio nazionale, secondo i dati redatti negli anni dagli studi geologici, è a rischio idrogeologico. Sarebbe sbagliato anche dire che non si è fatto nulla. In alcuni casi si è intervenuto, molti progetti adesso vengono monitorati e parte di essi sono in fase di finanziamento e nel Pnrr ci sono alcuni capitoli di bilancio destinati al risanamento del territorio. Qualcosa quindi è cambiata.

Il problema vero però è che si è stati molto veloci nel devastare le zone italiane più a rischio e ora si è molto lenti nel risanarle. La superficialità con cui in Italia si è costruito adesso sta facendo venire a galla tutte le complicazioni del caso. Forse servirebbe una gestione straordinaria a livello politico, in grado di oltrepassare gli ostacoli della burocrazia e le debolezze di comuni e sindaci troppo deboli (economicamente e politicamente) per mettere in piedi in poco tempo tutti i progetti necessari. Prima di tutto però, occorrerebbe smettere di gettare cemento per terra. Occorrerebbe eradicare una cultura del cemento che nel secondo dopoguerra ha cambiato fisicamente e mentalmente il nostro Paese. Ischia è stato un nuovo tragico campanello di allarme. Altri purtroppo ce ne saranno. Avere cura dell’ambiente vuol dire avere cura delle persone che ci abitano. Senza questa fondamentale caratteristica i cambiamenti in Italia sono destinati a essere troppo lunghi.