Costruire la Pace. Costruirla perché non sia la pace del cimitero e della sopraffazione, ma della rinascita. Costruirla anche senza essere pacifisti, nella consapevolezza che il mondo in cui viviamo è complesso, competitivo, sicuramente ingiusto. Ma nulla va lasciato intentato per far convergere le divergenze e le sfide. Tutto questo sembra essere stato a lungo dimenticato nelle dinamiche politiche del presente. A partire dalla guerra russo-ucraina.
L’assalto di cui la missione di pace del Cardinale Matteo Maria Zuppi è stata fatta oggetto ad opera degli “ultrà” dell’opinione pubblica nostrana sul conflitto russo-ucraino testimonia un’ostilità, da parte di molti commentatori, all’idea stessa di pensare il mondo in termini politici. Questa rubrica, il “Cantiere”, nasce per costruire e proporre idee. Iniziamo con il pensare al primo tema: non porsi tabù.
Un caro e preparato amico, Amedeo Maddaluno, stimato analista di geopolitica e strategia militare, pochi giorni fa mi ricordava un dato fondamentale: “si è cessato di pensare la guerra come continuazione della politica”, come diceva von Clausewitz, ma soprattutto “si è cessato di pensare alla politica come soluzione alla guerra”. Ironico vedere che la presidenza ucraina, nella figura di Volodymyr Zelensky, sia più moderata dei Vittorio Emanuele Parsi e del resto dell’armata italiana anti-Putin. O che Evgeny Prighozin spenda parole migliori per il valore del nemico ucraino dei cacciatori di “ucronazi” che si annidano nel Twitter filorusso. Chi combatte la guerra, nel torto o nella ragione che sia, conta il valore della vita umana. Zelensky alla Bbc ci ha tenuto a ricordarlo: “non è un videogioco” l’andamento della controffensiva. In mezzo ci siamo noi, analisti e commentatori, che dobbiamo tenere la barra dritta.
E la parola d’ordine, oggigiorno, deve essere una e una sola: non rendere tabù la parola Pace. Lo diceva Vittorio Macioce su Il Giornale a febbraio, lo ricorda Zuppi con la sua missione, lo mostra dal 24 febbraio 2022 l’atteggiamento della Santa Sede, possono e devono mostrarlo le dinamiche politiche dell’Italia, dell’Europa, dell’Occidente. Altrimenti il dopo-guerra sarà peggio della guerra, perché potrebbe arrivare, tutto d’improvviso, sulla scia di una situazione geopolitica pienamente deteriorata. E sulla presa di posizione di parti in causa irrimediabilmente compromesse. Pensare la Pace significa pensare a una nuova architettura securitaria. E alla vera politica. Unica leva per cambiare il mondo presente.