“La Ventiduesima Donna”: l’esordio a teatro di Angela Iantosca
L'intervista alla giornalista che adesso è pronta a calcare il palcoscenico
Prima la Tv, passando anche in Rai dopo anni di gavetta. Poi i romanzi, gli inviti nelle scuole e nei convegni, le relazioni su argomenti quali le dipendenze e l’uso incontrollato di sostanze stupefacenti. Adesso Angela Iantosca a Roma per la prima volta è salita su un palcoscenico con lo spettacolo “La Ventiduesima Donna”, nato quasi per caso ma che in comune con le precedenti esperienze ha la voglia di entrare nell’anima delle persone da lei incontrate, così come anche di scoprire nuovi lati di sé stessa e della propria personalità. Il tutto entrando a contatto diretto con il pubblico.
Di questo e molto altro ancora Angela ne ha voluto parlare con noi, in questa intervista per IlNuovoBaracchino.it:
Finalmente, è il caso di dire, sei arrivata su un palco. Parlaci, in primo luogo e a bruciapelo, delle emozioni che hai provato.
“Mi sento libera su quel palco. Libera e protetta. Forte, coraggiosa, determinata, indomita. È una sensazione nuova, diversa da quella che ho sempre provato da giornalista e da autrice di saggi-inchiesta. Pur essendo da sempre una giornalista atipica, nel senso che seguo molto le emozioni, amo ascoltare, occuparmi di tematiche sociali, provare empatia e trasformare in scrittura ciò che accade durante una intervista, mi sono resa conto che il palco permette alle parole di avere un movimento, di acquistare un vestito, un colore, di essere ‘lanciate’ con il corpo verso (non contro) il pubblico. Ciò che ho provato è di aver dato forma alle storie che ho scritto in questi anni. Di aver ridato vita a persone incontrate, anche a persone che non ci sono più. Il teatro anima, scuote non solo chi ascolta, ma anche chi interpreta”.
A proposito di emozioni, è stata maggiore l’adrenalina nei giorni precedenti l’esordio oppure quando materialmente hai guadagnato il palco?
“Nei giorni precedenti, trattandosi della mia prima volta, c’era la tensione del vedere che tutte le cose fossero a posto. C’è sempre l’imprevisto, in ogni cosa che si fa, quindi nei giorni precedenti, con il regista, Gabriele Manili, abbiamo lavorato in modo tale che ciò che dipendeva da noi fosse sistemato. A questo aspetto si aggiungeva la mia tensione personale, l’incognita di ciò che sarebbe successo, di ciò che avrei provato, nonostante una esperienza teatrale di qualche tempo fa molto intensa che già mi portavo dentro: nel 2018 scrissi una trasposizione teatrale del libro “Una sottile linea bianca” (Perrone) andando in scena con alcuni ragazzi della comunità di San Patrignano; in quel caso, tuttavia, leggevo il testo, proprio in qualità di giornalista, pur interagendo con la recitazione dei giovani attori del progetto WeFree della comunità. Questa volta, invece, sono sola in scena, si tratta di un monologo completamente a memoria e che mi tocca in prima persona, che mi fa mettere in scena Angela, scoprendo parti di vita privata o attingendo a emozioni private per dare forza e coraggio alle parole.
Ciò che è accaduto in quel luogo magico che è il Fontanone è che, salita sul palco, tutte le tensioni sono sparite. E ciò che è rimasta è stata l’urgenza di dire ciò che ho voluto trasmettere con questo lavoro. Far sentire la mia voce, le mie verità più profonde, lasciando che tutto ciò che doveva accadere accadesse”.
“La Ventiduesima Donna”: il titolo colpisce subito, lascia chi si avvicina per la prima volta alla locandina con una certa curiosità. Qual è l’argomento cardine che porti avanti nello spettacolo?
“Ognuno di noi, se vuole, può fare la differenza. Non importa la tua provenienza, il tuo passato e la famiglia che ti ha messo al mondo. Non importa che sei stato carcerato o tossicodipendente, ciò che conta è il passo che muoverai ora! Il monologo, partendo dalle Ventuno madri costituenti (“Ventuno” è l’ultimo libro pubblicato dalla Iantosca, edito dalle Paoline – ndr), nello specifico da Teresa Mattei, vuole tessere un filo nel quale la Storia e le storie si intrecciano, in cui si comprende come sia importante ricordare le lezioni che ci arrivano dal passato, onorare il sacrificio delle donne e degli uomini di ieri, per costruire un presente e un futuro migliore. Partendo da questo parlo di violenza sulle donne, di mamme tossicodipendenti, di mamme in carcere con i propri figli e poi di corruzione e responsabilità, di onestà e libertà”.
Da dove nasce l’idea di questo spettacolo?
“Ho sentito che era il tempo di qualcosa di nuovo. Sto lavorando su un nuovo progetto editoriale, ma avevo l’esigenza di trovare nuove forme espressive. Già lo avevo fatto anni fa con le favole antimafia “Gli Eroi di Leucolizia” e scrivendo “Ventuno” mi sono resa conto di quanto fosse il punto finale di un lungo percorso o forse l’inizio di tutto. È bastato che qualcuno mi dicesse: “Ma perché non scrivi qualcosa che unisce tutto?”. Mi sono seduta e ho cominciato a scrivere…”.
Il pubblico televisivo ti ha conosciuta come inviata e giornalista, poi il tuo nome è stato abbinato a diversi romanzi dove parli di dipendenze e di mafie, oggi sei sul palco: su quale campo punterai in futuro?
“La vita è esplorazione. Quando quindici anni fa un regista teatrale mi disse che mi vedeva sul palco io risi. Le cose accadono quando noi siamo pronti a vederle, a comprenderle, a sentirle. Quando sentiamo che è il tempo giusto. Non so cosa accadrà domani. So che il viaggio nel teatro, nella scrittura teatrale è solo all’inizio e sono curiosa di scoprirne le pieghe, le increspature. Non solo di chi porto in scena o delle parole, ma anche della mia anima…”.
Sempre a proposito di futuro, dove vorresti portare “La Ventiduesima Donna”?
“Nelle scuole superiori e nei teatri, sia in quelli al chiuso che in quelli all’aperto, nei palazzi e perché no negli anfiteatri e nei templi. Sono cresciuta con i grandi classici, con le tragedie e le commedie viste a Siracusa in gita scolastica, e con la Valle dei Templi di Agrigento a far da skyline a tante pagine di letteratura e scrittura. Sai come sarebbe bello vedere questa Antigone 4.0 cantare, emozionarsi, ridere e parlare da luoghi così magici? E in fondo If you can dream it, you can do it”.