La gincana polacca

Il secondo viaggio di Giorgia Meloni in Polonia dimostra che il sapersi destreggiare nei contorti e convulsi percorsi della politica europea può solo maldestramente nascondere gli scarsi risultati raggiunti finora dal governo italiano. L’ennesima prova di agilità politica del Primo Ministro italiano non pare bastare. La gincana polacca evidenzia tanto l’incapacità politica di percorrere le curve più impervie del complesso scacchiere europeo, quanto la mancanza di una comune visione da parte dei conservatori europei.

Le parole di Tadeusz Marowiecki riducono di molto le ambizione italiane nel raggiungimento di una strategia comune sul tema dell’ “immigrazione illegale” – ennesimo epiteto associato alla definizione di “mafia del terzo millennio”. A favore di telecamere, Meloni sfida l’ennesima mafia dopo quella assai più nostrana dello Stato sanguisuga contro piccoli imprenditori e commercianti. L’ennesimo tentativo di mantenere alti i toni del dibattito politico anche in Europa, ma incapace di camuffare la sua ormai desueta e inutilizzabile retorica elettorale sul blocco navale.

Una retorica che, per ammissione della stessa Presidente del Consiglio, appare ancora più fallace dinanzi l’assenza di una visione europea capace di affrontare seriamente le irrevocabili sfide di crescita demografica del continente africano. “Fermare i fenomeni migratori prima che questi ultimi diventino un problema in Europa” appare così l’ennesimo tentativo di rilancio dinanzi le distinte posizioni polacche.

Nonostante l’appoggio mediatico dei media locali, la leader dei conservatori europei arranca. Appare isolata in ambito europeo: incapace di criticare gli alleati polacchi (e ungheresi) fermamente contrari alla proposta di equa e solidale redistribuzione dei migranti, e vicina a Francia e Germania solo nei salotti buoni di Bruxelles. Un limbo politico che tiene l’Italia lontana da Polonia e Ungheria e dai “fratelli coltelli” dell’Europa meridionale, soprattutto dopo che proprio Varsavia e Budapest hanno utilizzato la spirale di violenza in Francia come cartina di tornasole per criticare qualsiasi progetto europeo in materia di migrazione.

La gincana polacca prevede anche curve assai più abbordabili. La ruffianeria del Primo Ministro italiano nel difendere chi difende i propri interessi nazionali – anche a discapito di quelli italiani – appare funzionale alle attuali regole d’ingaggio. Il governo polacco elogia la Meloni per aver difeso la Polonia sullo scenario internazionale. Le parole di Marowiecki confortano la presidente dei Conservatori e Riformisti riunitosi a Varsavia proprio durante la sua visita, soprattutto per la posizione italiana nei confronti dell’Ucraina.

Ma queste stesse curve paiono della gincana polacca sembrano ritorcersi su se stesse, e quasi ritornare al punto di partenza. Le coste mediterranee ignorate da Varsavia e Budapest – per stessa ammissione della Meloni capace perfino di imputare alla geografia la vera causa del palese dissenso – si avvicinano a quelle dei confini polacchi con Ucraina e Bielorussia. Mentre la Meloni esalta lo sforzo polacco nell’accoglienza dei profughi ucraini, Marowiecki ricambia con parole di sostegno alla (nuova) posizione anti-russa dell’Italia che, storicamente, non trova molte similitudini (anzi, forse il contrario) con quella polacca, soprattutto nel recente passato. Come se, proprio la Meloni, non governasse con Salvini e gli orfani di Forza Italia.

Parole dettate anche dalla militarizzazione del confine polacco-bielorusso a causa della “guerra ibrida dei migranti” fomentata nuovamente, secondo Marowiecki, dalla presenza di Evgenij Prigožin in Bielorussia. Una retorica, quest’ultima, che anche il governo italiano aveva sostenuto nello scenario nordafricano, per poi finire nel dimenticatoio.

Il paradosso di Italia e Polonia si palesa maggiormente nella non-critica sull’enorme macchina di accoglienza dei milioni di ucraini in fuga dalla guerra. Nessun veto o contrapposizione politica nello scegliere chi accogliere e come farlo. Posizioni che, nonostante la loro giustezza, si traducono in retoriche diverse da utilizzare nella tortuosa gincana di un’Europa sempre più rattrappita, la cui postura varia a secondo di chi necessita di protezione internazionale e dagli attori destabilizzatori. Scelte politiche e strategie non diverse da quelle dei “mafiosi dell’immigrazione irregolare”, capaci di gestire flussi e persone da spostare e accogliere tra l’Europa e le periferie circostanti.

Oggi, infatti, sono altre le coste da difendere. Non quelle mediterranee, confini di un cimitero a cielo aperto inondato dai turisti di tutto il mondo in estate, ma quelle intorno a Kaliningrad, che tracciano la nuova frontiera europea. Dalla Finlandia alla Polonia passando per i Baltici, l’accentramento del potere euroatlantico contro il progetto imperiale del Cremlino predispone un nuovo centro nevralgico per il futuro dell’Europa in cui l’Italia spera di essere protagonista. Una rivincita contro l’asse franco-tedesco che proietterebbe Roma nell’Europa che conta; un’Europa unita solo se atlantica, solidale solo se capace di scegliere in modo particolaristico gli strumenti di solidarietà, europea solo con alcuni cittadini europei.

Proprio per questo la gincana polacca prevede un altro traguardo da raggiungere: delineare le strategie di vittoria per le prossime elezioni europee nel 2024 e vincere una sfida, l’ennesima per Giorgia Meloni, ricucendo i rapporti del duo Salvini/Le Pen con Forza Italia e gli scettici tra le fila dei popolari europei.

Rinvigoriti dal sostegno oltre oceano, nella gincana polacca si costruisce una nuova visione europea, sostenuta da una cooperazione economica capace di mostrare oggi i primi segnali di speranza. Non sono i migranti e il Mediterraneo le linee guida dell’agenda di Meloni e Morawiecki, bensì gli interessi del nuovo fronte orientale: quelli di Finmeccanica e della Leonardo August Werlang, attiva in Polonia nella progettazioni di elicotteri; quelli politici dei conservatori ed euroscettici europei posti dinanzi la concreta possibilità di governare e traghettare l’Europa verso il prossimo futuro.