Quando il Papa fa il Papa è una buona notizia per l’Europa

A volte in questi anni di pontificato di Bergoglio, si è come avuta l’impressione che a Roma non ci fosse più un Papa. Forse perché in effetti dentro le mura vaticane di Papi attualmente ce ne sono due. L’autorità di un Pontefice si basa sulla sua unicità: quando si pensa al soglio petrino si ha davanti una sola figura vestita di bianco che incarna l’autorità morale, politica e teologica di Santa Romana Chiesa. Il mondo, dei credenti e dei non credenti, non si è ancora abituato alla figura del Papa Emerito e nemmeno a quella di un Papa in cattedra con il suo predecessore ancora in vita.

Se a questo si aggiunge la scelta di Bergoglio (dovuta alla sua indole o dovuta dalla motivazione di assecondare i trend di Twitter) di non dare ampio sfoggio del proprio primato sugli altri vescovi, quell’autorità petrina da secoli riferimento per una fetta importante del globo è sembrata dal 2013 in poi un po’ “sfumata”. Il ruolo del Pontefice però è uscito fuori nei momenti più bui degli ultimi anni.  Quando cioè l’Europa ha dovuto fare i conti con la pandemia prima e con la guerra dopo.

Quando all’inizio del 2020 la gente si è dovuta trincerare in casa, Bergoglio ha fatto sentire molto la sua presenza. Ha passeggiato per una desolata Via del Corso a Roma il 15 marzo 2020, pregando nella Chiesa di San Marcello, lì dove è custodito il crocifisso venerato dai romani dall’era della epidemia di peste del XVI secolo. Poi ha celebrato messa in una Piazza San Pietro deserta e sotto la pioggia. Un gesto simbolico che ha fatto avvertire la vicinanza del Papa alle ansie dei cittadini, ai turbamenti di persone in quel momento impaurite da quanto stava accadendo. Era il 27 marzo 2020, molti ricordano cosa stavano facendo in quel momento.

La scena si sta ripetendo in questi primi due mesi di guerra. La gente ha paura di un possibile allargamento del conflitto, in tanti temono lo scenario di una guerra nucleare. Ma non solo: dopo un biennio di restrizioni, sapere che a due ore di aereo da casa si sta combattendo non sta permettendo un vero ritorno alla normalità. Quasi come se la “buona stella” che ha accompagnato l’occidente in questi ultimi 80 anni fosse oramai tramontata. Sensazioni per l’appunto non per forza coincidenti con la realtà. Ma che il Papa sta riuscendo ad accogliere a ad interpretare.

La sua richiesta di pace, il suo sottolineare l’importanza della pace, oltre ad aver avuto un determinato impatto politico, sta dando un riferimento importante a un pezzo di società turbato dal futuro. Anche perché il Papa in questo momento è l’unica autorità politica a parlare realmente e concretamente di pace. Lo sta facendo con le parole, ma anche con i gesti. Affidare la Croce della Via Crucis a un’infermiera russa e a una ucraina vuol dire aver compreso cosa sta comportando l’attuale conflitto. Ossia lo spettro di due popoli che rischiano di non parlarsi più, di far acuire per generazioni una grave reciproca diffidenza.

E infatti Francesco è stato criticato dagli ucraini per questo motivo, con la Via Crucis del Venerdì Santo censurata da Kiev. Ma Bergoglio per adesso è nel mirino un po’ di tutti. Anche dei russi ad esempio. Ieri il patriarcato di Mosca ha definito “deplorevoli” i toni usati dal Pontefice nel riferire la conversazione con Kirill nell’intervista sul Corriere della Sera. Una mossa, quella della Chiesa ortodossa russa, a dir poco discutibile visto che nella stessa intervista Papa Francesco non ha risparmiato stoccate ai nemici di Mosca, parlando “dell’abbaiare della Nato in faccia alla Russia”. Una dichiarazione pesante politicamente, ma che in un certo senso dà idea dell’equilibrio con il quale Bergoglio ha voluto analizzare la genesi del conflitto: “In questo passaggio – ha sottolineato Matteo Carnieletto su IlGiornale.it – il Santo Padre evidenzia un fatto che, in questi mesi, è stato dimenticato da tanti (troppi) commentatori: le guerre non scoppiano mai per caso”. Parole, quelle del Papa, che ovviamente gli sono valse non poche polemiche.

Ma se tutti criticano il Pontefice, vuol dire che sta facendo bene il suo lavoro. Il Papa sta facendo il Papa. Sta continuando a parlare di pace, mentre tutti gli attori hanno interesse a mostrare i muscoli. Sta continuando a parlare di dialogo, mentre in tanti, da una parte e dall’altra, predicano la reciproca diffidenza. Ma soprattutto il Papa sta tornando a essere un riferimento, un punto fisso importante e una voce autonoma nel contesto europeo, diversa da quella blanda e univoca che ha lasciato il Vecchio Continente ai margini della scena internazionale e senza grande potere di mediazione. Il Papa, per l’appunto, sta facendo il Papa. E per l’Europa è una buona notizia.