Per la prima volta alcune gare olimpiche si disputeranno al di fuori del Paese ospitante. E non per chissà quali difficoltà logistiche oppure ambientali, come quando in occasione della rassegna di Melbourne 1956 le gare di equitazione furono organizzate in Svezia per le rigide politiche ambientali australiane. Più semplicemente, il Paese ospitante in questo caso non farà in tempo a costruire impianti adeguati.
Il Paese in questione è l’Italia e le olimpiadi saranno quelle invernali di Milano/Cortina 2026. Lunedì è arrivato il responso: le piste per ospitare le gare di bob, slittino e skeleton non saranno pronte in tempo per la kermesse olimpica. Dunque, si dovrà andare in Austria oppure in Svizzera.
E c’è pure chi esulta: in tanti, a giudicare dai commenti sui social, nella stessa Cortina si son detti compiaciuti perché sono stati risparmiati 124 milioni di Euro. In realtà per l’Italia questa è una macchia che resterà indelebile: il nostro Paese non è riuscito a garantire la costruzione di tutte le strutture che servono per mantenere l’impegno, conquistato e preso davanti a tutti i riflettori internazionali, di ospitare la rassegna olimpica.
Una magra figura destinata a incidere sulla credibilità internazionale. Per avere un’idea, nemmeno la piccola e fragile Grecia nel 2004 era arrivata a tanto: anche a costo di una corsa estenuante all’ultimo minuto, Atene e il Paese ellenico sono stati in grado di mantenere tutti gli impegni olimpici. Stesso discorso per quanto riguarda un’altra olimpiade rimasta quasi sospesa fino alla fine, quella cioè di Rio 2016: nonostante i tanti guai e le tante difficoltà economiche e politiche, il Brasile è arrivato pronto al più importante appuntamento sportivo.
L’Italia invece no. E questo apre a due considerazioni. La prima riguarda l’incapacità del nostro Paese di programmare: l’olimpiade è stata assegnata nel 2019, c’era tutto il tempo per reperire i fondi e far partire i lavori. Non solo, ma c’è un altro elemento piuttosto sconcertante: gli impianti di bob e slittino costruiti per Torino 2006, dunque per un’olimpiade piuttosto recente, sono già da anni abbandonati e inutilizzabili. Dunque, non usufruibili nemmeno per la kermesse del 2026 e garantire almeno la permanenza in Italia di tutte le competizioni.
L’altra considerazione riguarda proprio l’esultanza di molti per il mancato impegno di spesa a favore delle piste olimpiche. Non comprendere la differenza tra spreco e investimento è piuttosto grave. E non comprendere soprattutto il danno di immagine per l’Italia è segno di un Paese che ha dimenticato la sua dimensione internazionale. Evidentemente, saremo destinati in futuro a organizzare solo sagre e fiere campionarie.